Quando ho scelto di intraprendere il percorso di studi che mi avrebbe portato a diventare educatrice professionale e poi pedagogista, sentivo una passione, oserei dire un fuoco, che mi animava dal di dentro ma non avevo un’idea precisa del perché le questioni educative mi facessero questo effetto… A distanza di qualche anno dalla laurea e con qualche anno di esperienza professionale, posso dire che le motivazioni sono state diverse e non le conosco ancora tutte (…!). Una però, sicuramente, oggi posso nominarla: si tratta del desiderio profondo di dare il mio contributo perché l’altro possa crescere e trovare la propria piena realizzazione. Trovo incredibilmente vera e autentica la visione di san Luigi Guanella, secondo cui “educare significa costruire la persona dal di dentro e non plasmarla dal di fuori”. Potrebbe sembrare scontato nel 2020 che educare non voglia dire imporre all’altro un modo di essere o tentare di plasmarlo a nostra immagine e somiglianza, dopotutto non siamo più ai tempi della pedagogia nera, fatta di obblighi, divieti e punizioni. In realtà non credo sia così ovvio. Ci sono tentativi più o meno subdoli (si pensi alle richieste del mercato) di ridurre la formazione dei ragazzi a una sorta di travaso di conoscenze, come se fossero dei contenitori passivi da riempire di contenuti senza lasciare spazio al singolo per poter esprimere la propria soggettività ed elaborare un pensiero critico. Sembra che i ragazzi debbano correre una gara in cui non è consentito perdere, quindi vanno “addestrati” per vincere, non sono ammessi i fallimenti e il pensiero critico. Educare non può essere questo, sono convinta invece che educare significhi dare la possibilità a ognuno di diventare una persona completa, capace di riflettere su sé e il mondo. Questa è la bellezza dell’educazione: costruire autonomia, liberazione, creatività per affrontare i problemi e costruire una realtà più solidale. Ancora, il nostro Progetto educativo guanelliano sottolinea che “l’educazione è una strada che l’umanità intera può percorrere ed è una possibilità effettiva di crescita che va offerta a tutti, perché tutti possano camminare verso la propria realizzazione”, un vero e proprio cammino universale di speranza. Ecco allora che educare diventa un impegno civico e politico, perché implica un’azione di liberazione e di costruzione di opportunità per tutti. Un altro grande dell’educazione, Paulo Freire, ha detto che “esperançar” significa “trasformare la speranza in azione quotidiana”. Educare per me è proprio questo, una chiamata a costruire speranza attraverso le azioni di ogni giorno, la speranza di una liberazione e piena realizzazione per ognuno dei nostri ragazzi.
Stefania Guidali
(pedagogista – educatrice professionale del nostro Centro Educativo Diurno)