Penso che essere educatori significhi mettersi continuamente in viaggio. Un viaggio con una meta (altrimenti non sarebbe un viaggio ma un vagabondare qua e là), ma il cui percorso sarà sempre impossibile prevedere del tutto, nelle sue tappe, nelle sue soste e nelle sue ripartenze. Perché non solo ogni relazione all’inizio è tutta una scoperta, ma anche perché, anche quando pensiamo di conoscerli già, i ragazzi ci stupiscono e sono in grado di aprirci sempre nuove finestre sul loro mondo. Così è stato anche in questo periodo di lavoro educativo a distanza. In questo tempo siamo in un certo senso entrati nell’intimità delle famiglie e dei ragazzi che accompagniamo, nelle loro camerette, con i loro peluche (chi se lo sarebbe mai aspettato?!) e foto dell’infanzia, nelle loro cucine, nei rumori della loro quotidianità, tra fratelli urlanti, cani, gatti e inquilini più o meno simpatici … Abbiamo cercato di farlo sempre con delicatezza e con rispetto, accogliendo i nostri iniziali reciproci imbarazzi per una relazione mediata da una telecamera e da dei mezzi che non avevamo mai utilizzato. Non abbiamo forzato chi si inquadrava solo la parte superiore del viso o inquadrava altro da sé, perché si sentiva a disagio di fronte a una telecamera.
Un momento di crisi e di difficoltà è stata per noi un’occasione preziosa di conoscenza e di relazione privilegiata con ciascuno. Abituati alla forma del gruppo e ai ritmi veloci della giornata, nella normalità non sempre è possibile dedicare tanto spazio alla relazione più personale, uno a uno, cosa che invece in questo periodo di distanze e tempi più lenti è stata possibile. Ecco che è stato davvero un “tempo favorevole” per condividere le fatiche e i problemi, le gioie, le paure e le speranze, per farci presenza assidua e fraterna, condividendo la vita di ogni giorno, come ci invita a fare il nostro fondatore San Luigi Guanella. È stato un tempo in cui accompagnare i ragazzi che si preparavano agli esami, con la preparazione delle loro tesine, quindi le loro passioni, le questioni che stanno loro a cuore. Come per F., nato in Italia da genitori migranti, che porta con sé tante domande sulle leggi in tema di migrazione e sul nostro sistema di accoglienza, sulla sua identità (sono italiano? Sono cingalese? Sono metà e metà?), sui venti di razzismo che soffiano nel nostro Paese e in altre parti del nostro Mondo, con le paure per il proprio presente e futuro. È stato un tempo di vicinanza a chi è rimasto un po’ più solo perché i genitori hanno continuato a lavorare o sono rimasti bloccati in altri Paesi, come per M., la cui mamma era andata nel paese di origine per trovare la famiglia e che è stata costretta a rimanerci molto più del previsto. È stato un tempo di accompagnamento anche per chi era super esperto di tablet e smartphone ma molto poco di pc e piattaforme digitali, in cui abbiamo aiutato a districarsi piano piano. È stato un tempo di sostegno per chi, anche una volta che i decreti lo hanno permesso, aveva paura di tornare a uscire di casa…
Non mi sarei mai aspettata di essere compagna di viaggio dei miei ragazzi a distanza, attraverso lo schermo di un pc, eppure, pur con tutti i limiti della tecnologia, è stato possibile. Penso di uscire da questo tempo con nuove consapevolezze e con relazioni educative più profonde. E si rinnova il desiderio di farmi presenza quotidiana e fraterna per i nostri ragazzi e continuare questo viaggio.
Stefania Guidali
(pedagogista – educatrice professionale del Centro Educativo Diurno San Gaetano)