Da che età posso farlo uscire? Fino a che ora? Devo seguirlo nel lavoro scolastico o lasciare che lo gestisca da solo? Quali limiti devo imporre per l’uso dei social? Come? Queste sono alcune delle mille domande che frullano nella testa di ogni genitore con un figlio in età adolescenziale. Questo tanto più che gli adulti, oggi, non possono più contare su un consenso generale rispetto a ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come avveniva nel passato, e si ritrovano spesso soli nel prendere le decisioni.
Così un genitore è portato a chiedersi se abbia il diritto o meno di imporre al figlio cose che potrebbero contrariarlo e che potrebbero turbare la loro relazione. Spesso allora gli adulti chiedono ai ragazzi stessi cosa desiderino, si mostrano accondiscendenti, anche quando vorrebbero dire “no”, pur di evitare estenuanti scontri. In questo modo, però, noi adulti finiamo per abdicare al nostro ruolo educativo e non ci rendiamo conto che i nostri adolescenti sono in attesa di rispose da noi e di occasioni di incontro e confronto. Perché è importante saper dire dei “no” e porre dei limiti? Innanzitutto è utile per proteggere il ragazzo, la sua incolumità, non solo fisica ma anche emotiva. Per esempio, nel campo delle relazioni sessuali, un adolescente può pensare che siano i divieti degli adulti l’ostacolo principale, mentre in realtà non è ancora pronto dal punto di vista affettivo. La mancanza di “no” diventa invece un invito all’atto e l’adolescente si ritrova costretto a fare i conti con i propri limiti, magari anche brutalmente, con il rischio di veder crollare l’immagine di sé che si era costruito. I divieti quindi hanno il vantaggio di far credere che le insoddisfazioni siano imputabili a loro. Poter invece fare subito quello che si vuole senza sentirsi più soddisfatti di sé può far dubitare che sia realmente possibile esserlo. I ragazzi hanno bisogno di una figura adulta con cui lottare, di una certa resistenza per esplorare fino a che punto ci si può spingere, proprio come un neonato può aver bisogno di scalciare contro la nostra mano per misurare la propria forza e capire fin dove può arrivare. Il litigio quindi può servire al ragazzo per capire il proprio reale punto di vista e trovare la sua strada. In questo senso insistere perché ci sia un accordo o perché il ragazzo riconosca che siamo dalla sua parte non lo aiuta ad avventurarsi nel mondo. Invece, vivere esperienze conflittuali e risolverle gli dà la possibilità di diventare più forte. I limiti inoltre sono fondamentali per permettere di sviluppare le proprie risorse: se si cerca di risparmiare al figlio qualsiasi sofferenza, lo si priva della possibilità di sviluppare strumenti per far fronte alle difficoltà che inevitabilmente incontrerà nel corso della vita.
I nostri ragazzi hanno un disperato bisogno di adulti che sappiano stare al loro posto e dare il loro sostegno, il loro accompagnamento, la loro autorità. Così facendo i genitori e gli educatori diventano testimoni del fatto che nella vita, rinunciando ad alcune gratificazioni immediate, è possibile trovare una soddisfazione e una felicità piene. Gli adulti diventano portatori di una promessa di vita che vale la pena di essere vissuta, costruendo e nutrendo la speranza di cui i ragazzi hanno bisogno per andare incontro al loro futuro con fiducia.
Stefania Guidali
(pedagogista- educatrice professionale del Centro Educativo Diurno San Gaetano)