DI COSA SI TRATTA:
Il laboratorio di educazione interculturale si compone da attività esperienziali guidate da un mediatore culturale che coinvolgono tutti i membri della comunità, educatori compresi.
Il motivo di questo coinvolgimento trova la sua ragione nel pensiero che siamo tutti beneficiari di azioni educative che possiamo ricevere anche da parte di chi non esercita una professione educativa ma, in quanto essere umano, con un proprio vissuto e proprie risorse, è in grado di trasmettere insegnamenti arricchenti attraverso la condivisione del proprio pensiero e della propria esperienza di vita.
Le attività esperienziali proposte sono suddivise in 5 punti:
- Identificare/riconoscere
- Collocarsi e differenziare
- Rielaborare/dare un significato
- Cogliere e accogliere la realtà
- Fare sintesi
Nella realtà, in ogni suo aspetto, abita il diverso.
La diversità è di fatto quell’elemento chiave dell’esistenza che ci permette di dire chi siamo.
Per far questo però, bisogna imparare a riconoscere la realtà, a collocarcisi dentro, a sviscerarla per rielaborarla, a scontrarsi con essa per conoscerla ed infine a coglierla per accoglierla.
La comunità “Il Sicomoro” rappresenta, in questo senso, una occasione per sperimentare un processo di sintesi.
All’interno della comunità infatti convivono persone, utenti, operatori e personale vario di diversa provenienza e cultura che condividono spazi, tempo, pensieri ed esperienze quotidiane.
Il laboratorio proposto parte dal singolo, dalla descrizione del proprio contesto di origine passando a quello attuale con il tentativo di cogliere i segni di diversità della propria realtà, di osservali, collocarli e rielaborarli per poi arrivare a fare la stessa esperienza all’interno della comunità e trovare così una sintesi comune.
Per concludere, il Signore ha creato una sola umanità che ci riporta a guardare all’altro come simile, nello stesso tempo ha donato a ciascuno di noi delle peculiarità che ci differenziano dall’altro e ci ha concesso l’unicità del Suo Amore, che è per tutti ma specialmente per me che sono unico ai Suoi occhi.
Questa è l’esperienza che per eccellenza produce, genera e conserva la vera comunione.
A CHI È RIVOLTO:
A minori stranieri non accompagnati ma non solo
OBIETTIVO:
Il laboratorio di educazione interculturale mira a far vivere ai ragazzi delle esperienze dove poter riconoscere e sperimentare le proprie diversità e quelle altrui cercando, attraverso queste, di cogliere dati di realtà e usarli per fare sintesi, ovvero, per trovare quegli elementi che seppur coscienti e rispettosi del “diverso” superino quest’ultimo creando comunione e integrazione.
CONTENUTI:
Oggi, possiamo dire di vivere in una società pienamente multiculturale, termine usato per descrivere la convivenza di comunità differenti in un medesimo luogo, realtà sempre più frequente se non addirittura comune anche in Italia. La multiculturalità infatti, descrive una situazione, ovvero, il vivere su uno stesso territorio di popolazioni che differiscono per provenienza geografica, culturale e lingua madre e che non veicola in sé giudizi di valore né tantomeno analisi, bensì fornisce il semplice quadro di tali comunità senza che esse a priori debbano interagire fra loro, confrontandosi o avendo degli scambi.
Visto il tema caldo dell’immigrazione che ci riguarda molto da vicino e il proliferare di comunità etniche diverse in uno stesso territorio, negli ultimi anni si è utilizzato costantemente il termine “multiculturale” applicato a molti ambiti confondendolo spesso con il termine “interculturale”.
L’interculturalità invece, è lo scambio reciproco tra culture che può condurre alla trasformazione e all’arricchimento di tutti i soggetti coinvolti.
La riflessione sull’interculturalità ci conduce quindi, a riconoscere che esistono molte, moltissime, culture nel mondo (multiculturalità) ma per centrarsi sul tentativo di costruire ponti tra di esse e di stabilire una comunicazione fluida.
Oggi, anche grazie allo sviluppo e alla diffusione dei mezzi di comunicazione e di informazione internazionali, non è più possibile ignorare la presenza di altre culture e, soprattutto, non è più accettabile rivolgersi ad esse con mentalità etnocentrica e parziale.
In fondo, il progresso raggiunto oggi è dovuto anche ai continui scambi culturali tra Paesi anche molto lontani tra loro sia geograficamente che culturalmente; e i continui scambi culturali sono anche il presupposto per un miglioramento di quelle situazioni di sottosviluppo che richiedono il coinvolgimento in prima persona di coloro che dispongono dei mezzi necessari per un intervento di aiuto.
Intercultura vuol dire allora conoscenza, contatto e scambio tra culture, qualsiasi sia il loro tipo o livello di progresso, che con il loro intero patrimonio di tecniche, istituzioni, costumi, idee e credenze si mettono a confronto in un reciproco arricchimento del rispettivo bagaglio culturale. È chiaro che nel contatto si verificano fenomeni di interazione, accomodamento, mutamento, assimilazione dei modelli altrui, forme di sincretismo e di reinterpretazione.
Se vogliamo declinare questa esperienza in una sfera più spirituale, potremmo dire che l’interculturalità è un cammino che mira a riconoscere le differenze culturali come rivelazione del volto dell’umanità creata ad immagine e somiglianza di Dio, arricchita dallo scambio sempre più profondo tra di esse. L’interculturalità non è, quindi, fine a sé stessa, ma il mezzo per il quale creiamo le condizioni per vivere in pieno l’umanità.
Riprendendo la riflessione del Papa, è appunto la parola “incontro” che dovrebbe stare alla base di qualsiasi esperienza interculturale e del suo relativo processo di integrazione.
Solo l’incontro vero con l’altro diverso da me mi permette infatti di superare le barriere delle differenze e di creare qualcosa di unico che nasce come frutto di una relazione.
La società moderna sicuramente ha fatto grandi passi avanti nella riflessione sull’integrazione e sulle modalità di renderla pratica ma siamo ancora troppo concentrarti sul vedere le cose dal nostro punto di vista, sul tentativo, seppur buono ma non pienamente efficace, di accogliere senza però implicarci del tutto.
Dovremmo smetterla di pensare che siamo noi quelli che facciamo qualcosa per l’altro straniero che viene nelle nostre case, che l’integrazione dipende dalle nostre buone pratiche e che l’interculturalità è data dalla nostra bravura nel creare percorsi di mediazione culturale.
Tutte queste cose sono buone ma fini a sé stesse.
La vera rivoluzione sta in un cambio di mentalità, nel pensare cioè che sono io per primo che attraverso l’incontro con il diverso, lo straniero, sono chiamato a trasformarmi ad evolvermi, che è la relazione con questo altro che mi permette di creare qualcosa di nuovo e di bello che arricchisce la mia vita.
Ecco nascere dunque il concetto di transculturalità, che risponde e disegna proprio le sfide, anzi la sfida per eccellenza, a cui la società contemporanea è oggi chiamata. È una sfida che possiamo chiamare condivisione di una visione più ampia, di un progetto comune per il quale lavorare in team, “lavorare con” mossi dai medesimi obiettivi e in cui ogni partecipante è e si sente attivamente coinvolto e responsabile per la creazione di una cultura del tutto nuova e differente in grado di valicare i confini dei singoli, unendoli in nome di ciò che, se raggiunto, li rende tutti vincitori di un’unica squadra.
Si delinea così la transculturalità, frutto di “un’équipe” che sa guardare al quadro più grande oltre la diversità e che con tale, con tali diversità è in grado di rimodellare un’immagine frammentaria ormai superata.
Passa da qui la costruzione di una nuova prospettiva fatta di coesione, dialogo e rispetto, in un quadro dove il ruolo e l’importanza della mediazione, che sin dai suoi primi passi ha fatto di tali valori i propri strumenti principali, diventano e diventeranno sempre più imprescindibili.
È in questo senso quindi che diventa necessaria un’educazione interculturale che vada oltre il riconoscimento e il rispetto della diversità dell’altro, ma che miri a fare in modo che le persone si incontrino e che da questo incontro si generi una nuova cultura che contenga e valorizzi le varie peculiarità ma che allo stesso tempo le superi per creare un’altra unicità.
Potremmo paragonare questo processo a quello che serve per preparare una torta.
Una torta infatti è il prodotto di più ingredienti diversi messi insieme.
Ciascuno di questi ingredienti ha una sua caratteristica senza la quale la torta non potrebbe essere. Messi insieme attraverso un certo tipo di procedimento, superano sé stessi e sono capaci di creare qualcosa di nuovo. Nessun ingrediente infatti perderà la propria originalità ma grazie agli altri acquisterà invece più valore. La persona va considerata tenendo conto della propria originalità, va valorizzata nelle differenze ma non va mai slegata da un contesto di relazioni perché sono queste che permettono a ciascuno di noi di riconoscerci per ciò che siamo.
Nella società odierna quando si parla di integrazione di una persona e/o di un gruppo spesso ci si limita a valutare se e questa/o si è saputo adattare o meno ad un nuovo contesto.
Detto così, il concetto di integrazione può risultare però contraddittorio e discriminante in quanto, secondo questa concezione, tende ad escludere inevitabilmente tutte quelle persone, nuclei e gruppi che magari, per diverse motivazioni, non posseggono un’elevata capacità di adattamento.
Integrare non vuol dire infatti annullare le differenze per far proprio e/o adattarsi a qualcosa di nuovo, bensì, valorizzare le differenze per creare qualcosa di nuovo che unisca e superi queste ultime trovando nuovi modi di convivenza.
In questo senso, la comunità può essere considerato un laboratorio interculturale vivente con un potenziale elevatissimo.
Questo potenziale risiede nella forza delle relazioni e nel poter costruire e leggere la realtà insieme ad altri diversi da sé.
È la realtà stessa infatti ad essere educativa.
È proprio per questo la comunità di minori stranieri non accompagnati, Il Sicomoro, in quanto esperienza di convivenza di persone provenienti da realtà molto diverse diventa un’occasione unica di sperimentare una nuova comunione tra esseri umani simili ma profondamente diversi e altrettanto unici.
ENTE PROMOTORE:
COMUNITA’ IL SICOMORO – OPERA DON GUANELLA DI MILANO
PER MAGGIORI INFO:
Comunità Il Sicomoro: 02/326716223; milano.ilsicomorocomunita@guanelliani.it
Direzione: milano.direzione@guanelliani.it
Ufficio Progetti: milano.progetti@guanelliani.it